mercoledì 11 aprile 2012

Colomba pasquale

Lo so che Pasqua è passata e che non ne potete più di cibo... E' vero pure che, ora come ora,  vi servirebbero ricette leggere, "dietetiche", disintossicanti, oppure per riciclare avanzi e ingredienti comprati in eccesso...  Abbiate pazienza però, la ricetta della Colomba "ammodomio" ;) la devo salvare, senno chi se la ricorderà più l'anno venturo? :D
Comincio perciò col mostrarvi l'ultima fetta che ho dovuto nascondere per fare la foto in fretta e furia, perché  vi devo confessare che, a 4 giorni dalla cottura, faceva venire proprio l'acquolina... era ancora buonissima, morbida morbida e profumata.


FETTA

Erano giorni e giorni che riflettevo sull'opportunità di fare in casa questo dolce tradizionale... L'idea di confrontarmi con un lievitato "serio" un po' mi intimoriva e contemporaneamente mi stimolava... Così ho studiato ;), ho confrontato tecniche e procedimenti, tralasciando un'idea come questa qui che mi frullava per la testa, finché la mattina di Sabato Santo non ho avuto  più dubbi: vabbé la faccio! :D  
-Troppo tardi- direte voi. -No no, tranquilli che in un giorno  la Colomba sepoffa'- ve lo garantisco io! ^_^
Mi sono ispirata alle ricette di 2 blogger dei quali mi fido ciecamente, così che non ho avuto intoppi; tutto è filato liscio come l'olio, tanto che la mia Colomba, bella e profumatissima, alla mezzanotte di Sabato Santo era pronta. Raffreddata e fotografata a razzo,  ha potuto prendere il volo su FB insieme a quelle di tanti foodblogger e appassionati di cucina. Che emozione e quantasoddisfazione!!!! *_*
La ricetta da cui ho tratto le dosi degli ingredienti e molti suggerimenti utilissimi, è questa. Per il procedimento e qualche modifica "a occhio" invece, mi sono ispirata al Maestro.

Colomba pasquale (con lievito di birra - senza canditi)


La mia prima Colomba




Ingredienti (per uno stampo da 750 gr


Lievitino
60 gr di farina 0 Manitoba Molino Tandoi
30 gr di acqua
4 gr di lievito di birra fresco
1 cucchiaino di miele d'arancia


Ho preparato il lievitino in un bicchiere di plastica usa e getta, sciogliendo il lievito nell'acqua, mescolando il miele e tanta farina per avere un composto cremoso; ci ho spolverato sopra la farina rimasta senza mescolare. Infine ho coperto con la pellicola e  lasciato lievitare fino al bordo del bicchiere. In circa 15 minuti dovrebbe essere pronto.



Primo Impasto
Lievitino 
260 gr di farina forte Manitoba Tandoi
100 gr di burro bavarese morbido
70 gr di zucchero
2 tuorli d'uovo di grandezza media
130 gr di acqua tiepida


Ho sciolto lo zucchero nell'acqua tiepida; ho messo il lievitino nelle ciotola dell'impastatrice, ho montato la frusta a foglia; ho avviato a velocità 1 e cominciato a inserire alternativamente gli ingredienti: prima uova e farina, poi a poco a poco, l'acqua con lo zucchero.  Ho quindi messo in tre volte il burro,  ribaltando l'impasto nella ciotola stessa, finché non è divenuta una massa liscia. Ho tolto la foglia e montato il gancio aumentando gradatamente la velocità della macchina, lavorando ancora un po' fino all'incordatura. Ho quindi coperto la ciotola con la pellicola e ho lasciato lievitare fino al triplo, tenendo la ciotola nel forno spento a circa 30°.




Emulsione
20 gr di burro
1 cucchiaino di miele d'arancia
buccia grattugiata di 1/2 arancia
semi di una bacca di vaniglia o un cucchiaino di estratto
1 fialetta di fiori d'arancio
cucchiaio colmo più mezzo (circa)  di scaglie di cioccolato bianco
1 cucchiaio  colmo di liquore Strega


Mentre lievitava il primo impasto ho preparato l'emulsione, facendo fondere il burro a calore moderato insieme al miele. Fuori dal fuoco, ho aggiunto la buccia d'arancia grattugiata finissima, gli aromi e il cioccolato bianco, lasciando sciogliere e freddare, prima di mescolarvi il liquore.




Glassa
100 gr di zucchero a velo
1 fialetta di aroma di Mandorla
albume q.b


Con una frusta a mano ho mescolato l'albume con lo zucchero e l'aroma di mandorla e l'ho messo in frigo.




Eccola!!!



Secondo Impasto

primo impasto
60 gr (circa) di farina 0 Manitoba Tandoi
3 gr di sale
20 gr di zucchero
2 tuorli
l'emulsione (preparata precedentemente)


Quando il primo impasto ha triplicato il suo volume, ho avviato nuovamente la macchina con la frusta a gancio per riprendere l'incordatura. Ho sbattuto un tuorlo con lo zucchero e ho cominciato a inserirlo a cucchiaiate, alternandolo a metà della quantità di farina e appena il composto l'ha assorbito, ho continuato nello stesso modo con l'altro tuorlo, in cui avevo sciolto bene il sale, e la farina rimasta. Ho incordato, aumentando progressivamente la velocità della macchina. A questo punto ho aggiunto poco per volta l'emulsione, dopo averla mescolata benissimo con una frusta fino a renderla cremosa. Di tanto in tanto durante l'ultima lavorazione ho fermato l'impastatrice e ribaltato l'impasto nella stessa ciotola. Infine ho aumentato le velocità per portare l'impasto incordato fino al velo. A questo punto l'ho ribaltato sul piano infarinato, l'ho coperto a campana (con una ciotola) e ho lasciato riposare per 30 minuti;  l'ho quindi spezzato in due parti, arrotondato e di nuovo coperto a campana per altri 30 minuti.




Formatura
Trascorsi gli ultimi 30 minuti  ho formato delicatamente due filocini:uno per le ali e l'altro per la testa, il corpo e la coda della Colomba. Li ho messi nello stampo uno sull'altro, formando una croce; ho coperto con pellicola e messo in forno spento, attendendo che l'impasto arrivasse a un dito dal bordo dello stampo e togliendo la pellicola solo negli ultimi 10 minuti di lievitazione.



Per decorare
Glassa ( preparata in precedenza)
zucchero in granella
mandorle
zucchero a velo


Ho montato leggermente la glassa con una frusta, l'ho messa in un sacchetto per alimenti a cui ho successivamente tagliato un angolino dal fondo, per farla ricadere delicatamente sulla Colomba già lievitata. Ho completato col la granella di zucchero, le mandorle e una spolverata di zucchero a velo.




Cottura
Ho infornato in forno statico già caldo, a 180° per circa 40 minuti. Ho fatto la "prova stecchino" (deve uscire asciutto) e ho lasciato raffreddare la Colomba a testa in giù, sospesa su 4 barattoli di uguale altezza, dopo averla infilzata con 4 lunghi spiedini di legno, a formare una X.


Fetta3B


Bene, sperando di aver scritto tutto e di non aver dimenticato alcun passaggio, posso definitivamente archiviare la Pasqua 2012, raccomandandovi di non spaventarvi di fronte a lievitati complessi.. Se ce l'ho fatta io, lo può fare chiunque! ^_^ E la soddisfazione, dove la mettiamo? La mia autostima è lievitata insieme alla Colomba!!!! :DDDD


Buona giornata a tutti,

Ornella

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mercoledì 12 ottobre 2011

Fave scarfate con riso, cipolla e uva

Quando un pugliese lascia la sua terra per vivere altrove ne conserva un ricordo struggente...
Rammenta vocaboli e modi di dire del suo dialetto spesso dimenticati, ma soprattutto i profumi e i sapori, rimasti indelebili nella  memoria, gli riportano alla mente scene di  vita familiare: mamme, nonne, zie, intente a rimestare nelle pignate poste sulla cucina economica;  uomini e bambini intorno alla tavola imbandita; scene di gioia e di serenità incise nella memoria.
Così Roberto, un caro vecchio amico perso di vista  sin dai tempi dell'Università - lui a Torino, io a Bari -  ritrovato dopo anni grazie a Internet, mi racconta via mail  di una ricetta con le fave, di cui non avevo mai sentito parlare prima. Forse tipica del suo paese (Carosino) oppure cucinata da sua madre per accontentare il marito che era di origine salentina. Chissà...?!
 Eh sì sì, allora usava imparare dalle suocere le ricette preferite dai futuri compagni di vita, per non far rimpiangere loro la cucina di mammà! Altri tempi... Non c'era Internet e neppure i blog. ;) 
Una volta - ammazza quanto mi sento vecchia ;) - si imparava a cucinare de visu, cosi che, oltre alle ricette della propria famiglia, si apprendevano "furbescamente" pure quelle  della suocera, che andavano a contaminare, certamente arricchendo, il proprio patrimonio culinario.
Ebbene Roberto mi scrive testualmente: "Dopo aver cotto e lavorato le fave come descrivi nella tua ricetta, magari il giorno prima che così risidiano (ndr:riposano) - le minestre scarfate (ndr:scaldate) sono più buone... - si fanno friggere in olio extravergine pugliese, delle cipolle (meglio se rosse, sono più dolci...) fino al rosolamento (anche un poco di più...)  - la sorella di mio nonno le faceva quasi bruciare...sapore divino! - quindi le si versa con tutto l'olio di frittura sul puré di fave, tenuto fresco (non freddo, ché si perde il sapore...) e si mangia accompagnando il tutto  con crostini di pane abbrustolito e con chicchi di dolcissima uva bianca nostrana. 
E' uno spettacolo!!!! Qualcuno ci mette anche del riso lessato in acqua salata...altra variante.
Certo saprai che i nostri contadini lasciavano apposta un poco di puré per ripassarlo il giorno dopo nella pignata, sul fuoco della cucina economica, dopo avergli aggiunto un pugno di farina, acqua, olio e peperoncino. Nel dialetto del mio paese si chiamava  " 'ndrommese"
Non so da dove arrivi il termine; credo di poter ipotizzare una provenienza araba; o greca... Forse l'esclamazione di piacere di Ercole (ndr: Secondo Aristofane, pare se ne cibasse in grande quantità), un poco rincoglionito dal Primitivo...va' a sapere. :DDDD
 Certo arrivava dalla povertà, della cui dignità s'è purtroppo perso il senso."

Fave scarfate con riso, cipolla e uva

Purè di fave, riso e uva

Che altro posso aggiungere? La ricetta è già stata ben spiegata...
Il mio parere, dopo averla gustata, è che rappresenta un raro esempio di sapori bilanciati alla perfezione, incredibilmente e sorprendentemente buonissima!!!!!
Adoro le ricette di famiglia molto più di tante strampalate novità, strombazzate a destra e a manca come piatti da urlo. E che  grande ricchezza  rappresenta la nostra cucina antica di tradizione... Ne vogliamo parlare? Che bellezza!!! *_* 
Spero che la ricetta di Roberto vi piaccia, tanto quanto è piaciuta a me!

Buonissima giornata a tutti,
Ornella


 EDIT 20/8/2017


 Dopo aver parlato di questa preparazione nel 2011 grazie al mio amico Roberto, altre coferme autorevoli dell'uso di unire l'uva al puré di fave riscaldato sono arrivate da altri cultori del cibo pugliese.  Alcuni parlano di uva bianca, altri di uva nera, meglio se uva da vino. Quello che emerge dai loro ricordi è che certamente questa usanza è molto molto antica. 
Perchè non si perdano le tracce di questi ricordi, riporto fedelmente quanto scritto.

Alla fine dell'estate 2011 durante un week end a Campomarino di Maruggio un mio caro amico mi fece assaggiare un antico piatto della tradizione locale, il purè di fave con uva di primitivo di Manduria. Uno di quei piatti legati al momento della vendemmia e al territorio che prima non conoscevo e che comunque appartiene alla tradizione e a nessun altro. Io ne ho solo lasciato traccia, dopo attenta ricerca, scrivendo un articolo pubblicato su Italia a Tavola nel gennaio 2012
Miki Artifix 1978 tour del Salento in campeggio nautico ....mangiai lo stesso piatto ! noi offrimmo del pesce appena pescato
Vittorio Stagnani I miei ex suoceri di Ceglie Messapica mi parlarono anni fa di questo piatto. Lo preparai mischiando ai chicchi al macco. Eccezionale! Ne scrissi in un mio libro "I racconti della pentola". C'era la consuetudine (racconto di Lino Carparelli) tra i vendemmiatori di mangiare il macco senza olio, ma con chicchi d'uva bianca, raccolti lì per lì dalla vigna. Era questo tutto il pranzo. Serenità!
Cosimo Lombardi Ottimo piatto. 
Quanto all'uva, quando mi è possibile, prediligo quella da vino.
Primitivo o negramaro.

Preferibilmente grappoli spargoli.
Cosimo Lombardi Io la mangio da sempre. 
E prima di me, i miei genitori, nonni ecc.
Ricette di masseria.
Rosa Patrizia Landi Scoop! Prima ho mandato il link a mia sorella e ora mi ha risposto che il marito le ha sempre detto che quando era piccolo a Francavilla mangiavano sempre il purè di fave con l'uva!
Alessandra de Leonardis Ornella ! La conosco bene questa ricetta 💗 e mi ricordo come ieri il piatto con su il bel grappolo d'uva bianca che mio nonno spiluccava per accompagnare le fave scarfate 😍
Silvia Fumarola A Martina si dice fef scafèt... 😊 il riso si aggiungeva per "allungare" se non erano sufficienti per tutti
Ne ho mangiato la versione con l'uva, molto buona, una ventina di anni fa da Lillino del Cibus, a Ceglie Messapica. Ciao Ornee😘
Ornella Mirelli Sono felice di aver stimolato i vostri ricordi!!!!
Gestire
Alessandra de Leonardis e sono i ricordi più belli 💗
Rimuovi
Ornella Mirelli E' per voi che continuo a scrivere sul blog!!!












Con questa ricetta partecipo alla raccolta settimanale di WHB# 305 che in questa settimana viene ospitata da Cindystar.  Haalo è l'organizzatrice in carica, Kalyn è la fondatrice e  Brii è l'organizzatrice Italiana.

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